Dalla crisi al Magistero

Siamo quasi alla fine della stagione artistica ed un resoconto del suo andamento ci sembra non solo opportuno, ma anche doveroso in quanto viene ad evidenziare lo sforzo delle gallerie private attuato nella gestione di una attività, a Napoli, per niente redditizia. E se oggi appunto si può parlare qui da noi di una attività artistico-culturale per la maggior parte lo si deve alle
iniziative private che hanno dato, nei limiti delle proprie possibilità economiche, l’avvio, unitamente alla capacità e alla volontà di alcuni critici militanti, verso un discorso di interesse per l’arte contemporanea. Così all’attività delle gallerie del centro della città: la Modem Art Agency diretta dal
sorprendente Lucio Amelio che in sei anni di attività è riuscito ad imerinsi nell’ambito dei grandi galleristi; il Centro che, sia pur privo di mordente nella organizzazione di rassegne, offre esposizioni dell’avanguardia già storicizzata, fa riscontro l’attività delle gallerie della collina che mostrano buone chances per inserirsi nella problematica dell’arte contemporanea e contribuire non poco al risveglio in atto che si avverte nella nostra città.
Il Centro d’Arte Europa ha organizzato la mostta personale di Armando De Stefano: una rassegna che ci ha dato la possibilità di osservare, attraverso le opere del 71-72, gli sviluppi della poetica dell’autore. Una poetica appunto che nel suo svolgersi ha mostrato precise caratteristiche morfologiche di indagini sul reale circostante attraverso uno sguardo retrospettivo della storia, intesa sia a livello di vicende e sia a livello di pittura mediante una iconografia che ne rispecchia appunto la portata significante. I temi di queste opere sia pur ispirandosi, in modo meramente riferenziale, al periodo storico del primo romanticismo – dove passionalità e sentimento erano gli elementi vitali per l’espressione poetica, si presentano da un lato portatori di quel clima e dall’altro, attraverso quell’humus, portatotori in chiave ora esplicita ed ora metaforica – di vicende attuali le quali in questo scambio temporale instaurano un processo significativo che va, a mio avviso, valutato nella sua portata dialettica. Infatti
i trascrittori dell’opera di Armmdo De Stefano che hanno attuato una mera lettura formale – l’impostazione appunto formale e coloristica del dipinto – sono usciti, a mio avviso, fiuori strada e hanno interpretato i dipinti nella maniera più banale ovverossia hanno posto in evidenza unicamente ciò che l’autore dava come scontato: un volto realisticamente espresso nel suo valore espressivo o peggio ancora il valore della composizione macroscopicamente offrentesi, senza intuire al di là della mera rappresentazione esplicita l’emblematico quale componente essenziale che traspare nella atemporalità del dipinto quale sottofondo indispensabile per sviscerare i contenuti che vi si sottendono. Contenuti che nella traslazione di tempo evidente nell’atmosferismo dei dipinti si prospettano chiaramente se si osservano in chiave dialettica. Una dialettica che pone nello scambio delle vicende rappresentate in evidenza la ineluttabilità dell’accadimento quale situazione che si integra alla realtà storica già data e in questa reversibilità dell’ieri con l’oggi la poetica di De Stefano ha trovato la sua oggettiva resa espressiva. Sempre alla odieria Europa il pubblico napoletano ha avuto modo di ammirare una rassegna di scultura nazionale dal suggestivo titolo «Come comprendere la scultura» che è stata nel suo assunto critico una indagine metodologica di intendere la scultura nei suoi aspetti poliedrici.

Infatti alla mostra erano rappresentati, sia pur in veste di campione (il numero limitato appunto delle presenze) i vari modi di far scultura contemporanea da quello delle strutture primarie (Batisani) a quello di una rappresentazione fantastica astratta della forma (Borrelli); la figurazione esasperata contenutistica di Bodini, Jandolo, Vangi la plastica autenticamente provocatoria di Di Fiore e Rimandi, la surreale tecnologia di Trubbiani e Pirozzi e la neo naturalistica di Servino. Ci piace qui riportare l’acrostico che è posto quale introduzione
al catalogo e che ci sembra indicativo del fine della rassegna che è appunto da considerarsi la più interessante che si sia avuto in questa stagione: Come presenza oggettiva / Ombra di una realtà nuova / Miraggio di qualcosa in re / Embrione dell’evento narrabile / Cosa tra le cose I Objet pas une modèle / Massa vivente / Plastica situazionale / Reminiscenza del possibile / Enigma del narrato / Nascita de la vèrité interieure / Dominio della materia / Esuberanza del profondo sentire / Ridondanza del già vivente / Ennoblissement / Lumier del non conosciuto / Angoscia praticabile / Senso in sensatezza del possibile / Come presenza tridimensionale / Unità dell’armonia delle forme / Linearità del contenuto espresso / Testimonianza de la recherche de l’invisible / Un objet qui arrive à déchiffrer la realité sous les appairences I Realité et reve I Accorde entre sa naissance et csa morte. / Questi vein;i
liberi dalla cui iniziale maiuscola viene a comporsi la frase Come comprendere la scultura, sono posti per prospettare in sintesi i vari intenti che sono alla base della scultura e come essi vadano compresi in quella disamina cui sopra abbiamo accennato aperta, aliena da qualsivoglia limitazione interpretativa o di corrente. La singola operazione degli scultori partecipanti è messa in evidenza seconda la poetica di ognuno dalla seconda parte dell’acrostico:
Brevetto del non esistente
Ordine della struttura assoggettata
Ragione del reticolo
Ragione del curvilineo
Elementi interagenti
Linearìtà del vuoto sul pieno
Linéaire l’.esprit d’entreprise
Illimitata presenza dell’azione nel’la configurazione
Ciro Ruyu,
in Le Arti, luglio/agosto 1972, anno XXII, n. 7/8

Torna su