PER NUOVE FORME DI AGGREGAZIONE
Di fronte al dedalo dei problemi del settore delle Arti .e della Cultura l’artista, l’operatore delle arti visive, vive il disagio di molteplici compromessi che comportano lacerazioni, a volte insanabili, prodotte dall’urto delle sue esigenze, della sua sensibilità, con la dura realtà che lo circonda.
Queste inquietudini, affanni, a volte disperazione, concorrono a far perdere la serena visione dei dati reali dalla cui analisi dipende, in definitiva, la possibilità di soluzione dei problemi civili, umani e culturali. Troppo spesso si cercano collocazioni e ruolo degli artisti in obiettivi fumosi e velleitari mentre i problemi reali sono sotto i nostri occhi. In realtà non si riesce a formulare una piattaforma vertenziale capace di mobilitare e aggregare più larghi settori di operatori delle arti visive su obiettivi concreti e immediati.
Le rivendicazioni economiche, civili, sociali e cu lturali della categoria vanno posti nella prospettiva di responsabile valutazione della nostra condizione interna e della situazione esterna, altrimenti si ricade .nel vezzo di voler rincorrere il vento. Gli obiettivi vanno posti in relazione al nostro stato di potere, di determinazione e di ricezione degli interessi della categoria.
La programmazione (utilizzo e distribuzione dei finanziamenti e delle competenze – tempi e metodologie di intervento – contenuti), deve essere realizzata nel confronto dei sindacati, garantendo momenti di verifica con le forze organizzate della democrazia e con le istituzioni del decentramento.
La federazione deve attrezzarsi per sviluppare l’attività permanente attraverso il potenziamento delle forze locali al fine di stimolare momenti pubblici di confronto con le realtà territoriali di base.
Per questo si rende necessario insistere nell’incalzare le confederazioni (anche con interventi ai vertici) della CISL e UIL per un rafforzamento qualificato delle loro organizzazioni degli artisti, elemento pregiudiziale per un rapporto unitario e di confronto.
E’ subito opportuno sottolineare (e va a merito della federazione) che la ricerca di nuove linee programmati che, attraverso gli interrogativi posti, sono la diretta conseguenza della frantumazione di una linea socio-politica-culturale (di tutta la sinistra) saltata con l’urto della grande crisi.
La conferenza nazionale di produzione della FNLAV può essere un’occasione decisiva per la vita stessa della federazione dopo la svolta operata dal V Congresso. Si tenta con ressa di affrontare non so lo temi e problemi sindacali e politici ma temi e problemi di carattere produttivi e della condizione e funzione della produzione degli artisti italiani.
E’ prevalsa la tesi (anche se vi saranno dei contributi dei sindacati provinciali più organizzati) di tenere prima la conferenza nazionale per poi irradiarla sul tessuto provinciale dell’organizzazione, questo, secondo me (e non mi sfuggono le difficoltà economiche e organizzative della linea inversa), è un grosso neo che si pagherà in termini di analisi e contributi lacunosi sulle realtà territoriali delle nostre province.
Ciò non toglie che, con il confronto dei contributi esterni, la conferenza segnerà certamente uno dei momenti più significativi nella vita della federazione. Dovranno affrontarsi temi di scottante attualità che vanno dalla programmazione nazionale al decentramento regionale delle “cose” dell’arte e rispondere, con dati rea.li, su problemi insoluti quali le strutture organizzative regionali che fino ad oggi son rimaste pure indicazioni.
Il problema della committenza opera destinazione non può più essere visto nell’ottica della separazione e dell’alternativa, come io stesso scrivevo nel ’74-75, ma deve essere affrontato globalmente se si vuol recuperare alle organizzazioni sindacali la loro reale funzione e riottenere la fiducia della grande maggioranza degli artisti o lavoratori delle arti visive.
Per quali obiettivi: “Quello generale a cui siamo chiamati dalla logica stessa dei fatti – per un profondo rinnovamento morale, politico, civile e culturale della nostra società – a cui gli artisti non possono essere estranei”.
Quelli particolari e immediati della categoria che vanno dalla riforma dei grandi enti espositivi, della committenza pubblica, del mercato privato, agli enti locali, Regioni, Prnvince, Comuni, potenziali interlooutori e committenti del prodotto artistico. Su questi punti occorrono i dati reali che solo la ricerca specialistica può fornirci. L’operatore di base può fare solo delle constatazioni negative sull’evasione e sordità delle istituzioni nazionali e locali e sulla debolezza o inesistenza delle organizzazioni sindacali degli artisti.
Su questo credo non vi siano demarcazioni notevoli tra Nord e Sud tranne che a Nord esiste (anche se in crisi) un mercato di “superfice” e un mercato “sommerso” a Sud non è mai esistito, o quasi, per cui la disoccupazione intellettuale assume o aspetti di drammatica prostituzione o di “orgogliosa sovversione”. Cosl che una strategia più aggressiva del movimento per il Mezzogiorno è
oggi più “dovuta” del passato. Con quali forze unirsi e battersi per la “Speranza” di una inversione di tendenza? Certamente non solo con le forze attuali del sindacato ma con tutte “le forze del territorio che costituiscono fa memoria e la testimonianza di lotte, di sacrifici, di impegni e di pratiche culturali e politiche, democratiche e progressiste”.
Ma tenendo ben conto di come si sposta il ruolo dell’intellettuale, in breve tempo, e come muta il suo comportamento in rapporto
ai problemi del giudizio e agli schemi ideologici confezionati. Pertanto la garanzia del pluralismo e dei rapporti paritetici devono essere chiari e riconoscibili in tutte le direzioni. Voglio dire, dallo schema indicativo proposto, ben venga una Conferenza conflittuale con la partecipazione di forze che, costruttivamente, vengono ad esporre, in legittimità, le ragioni del loro dissenso sulle linee della federazione.
Bonadonna sottolineava nell’intervento al VI Congresso di Napoli che “gli artisti e le loro opere non vanno intesi come decorazione del movimento ma portatori di linee originali-culturali-unificanti del movimento; […] le commissioni ideologiche non sono pertinenti con il movimento sindacale”.
Una politica di alternativa che si riduce a un’alt·ernativa formalista (con tutto il rispetto per il formalismo) di donazione di opere di artisti con o senza denominazione di origine controllata, non può essere più perseguita da nessuno, pena l’allontanamento di forze vive, autorevoli e non, della produzione artistica.
Un rapporto nuovo, quindi, tra gestione e democrazia e tra democrazia e cultura, dove per gestione democratica occorre intendere l’invenzione di un modello nuovo di utilizzazione delle risorse e del “patrimonio storico collettivo” per un generale processo di emancipazione del civile. Ma a un tale orizzonte di potenzialità positiva, corrisponde, nella gestione governativa centrale e periferica, un uso dissennato e contraddittorio del patrimonio, si pensi alle istituzioni che amministrano, conservano e producono il patrimonio dei Beni Culturali civili e storici: musei, gallerie, archivi, artigianato, scuola ecc. Un uso che ha raggiunto livelli emblematici di degradazione e mercificazione, attraverso il quale passa, forse, il disegno di una gestione privatistica del patrimonio dei beni culturali.
E’ crisi, quindi, di ordinamenti, di metodi e di contenuti culturali. Ed è in questo contesto generale che va sviluppato il dibattito, puntando ad un uso sociale del patrimonio culturale come sua classificazione e prospettiva e quindi utilizzazione positiva e produttiva delle forze della cultura.
La conferenza di produzione deve tentare un’analisi che partendo dall’identificazione delle vertenze, non intese più solamente come difesa immediata di categoria, ma rierca di una strategia di attacco, sia capace di avviare nuove forme di aggregazione organiche di alleanza alla FNLAV, per promuovere nuovi livelli di articolazione della democrazia, per un nuovo processo di sviluppo e trasformazione civile produttivo e culturale. Questi nuovi processi passano e si stratificano su strutture di aggregazione democratiche quale può essere appunto il sindacato FNLAV-CGIL.
Antonio Borrelli,
membro del comitato direttivo della FNLAV-CGIL