Recensione su CENTROARTE – Mensile di Arti Visive (anno 2, n.1, gennaio 1968)

CENTROARTE

Mensile di Arti Visive, Architettura, Grafica, Antiquariato, Design

pp. 31-33

P. R. – 27 GIOVANI ARTISTI NAPOLETANI

A Napoli esiste oggo la possibilità di allestire una mostra d’arte in cui possono essere dignitosamente esemplificate tutte le principali tendenze e poetiche delle arti “visive” contemporanee.

Sottolineo la parola “visive” perché mi sembra che la novità e la positività della cosa risieda anche nel fatto che i giovani artisti e operatori di cultura napoletani hanno accolto e fatto proprio un concetto dell’arte assai più ampio e complesso di quello implicito nella tradizionale locuzione di “arte figurativa”, inserendo nel mondo della ispirazione elementi della realtà grafica e pubblicitaria e tutti quei mezzi di comunicazione di massa considerati nel passato estranei agli interessi della cultura. Questa rassegna allinea alcuni nomi rappresentativi della nuova generazione, la cui opera esemplifica. appunto. le varie ricerche plastiche (o visive) costituenti l’intero arco delle esperienze generalmente definite neo-avanguardistiche.

lunedì 1 gennaio 1968

Una panoramica di giovani, dunque. che esprime, ci sembra, con sufficiente approssimazione i valori in campo ed è quindi utile ai fini di una prima presa di contatto con l’arte napoletana, còlta nelle sue più recenti e tipiche manifestazioni: dalla pop-art al neo-surrealismo; dalla nuova figurazione al neo-dada; dall’arte cinetica allo spazialismo. Un quadro indubbiamente interessante, nella sua varietà ed articolazione. che testimonia l’allineamento delle forze locali al livello delle correnti nazionali e internazionali, nell’impegno programmatico e ideale degli artisti che si richiamano alla corrente neo-figurativa.

Un particolare rilievo hanno, in questa collettiva, gli scultori, percentualmente assai più numerosi dei pittori. Ciò non è casuale ma riflette fedelmente una loro obbiettiva preminenza nella situazione artistica napoletana. Del resto, il rapporto tra la scultura e la pittura, a Napoli, è risultato sempre vantaggioso per la prima. Anche nei momenti più umilianti del verismo plebeo e provinciale, quando il campo delle arti era dominato dai morelliani, dai tortuniani e poi dagli altri terribili “pompiers” che si sono succeduti, nella storia, fino al Novecento, in posizione “ufficiale”, la scultura è sempre riuscita a salvarsi dal naufragio generale per merito di quegli artisti che, non avendo mai perduto di vista i bronzi ercolanensi, riuscivano a “vedere” la realtà con occhio più acuto e libero.

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Su un piano diverso opera Antonio Borrelli, le cui ricerche spazio-strutturali approdano con inaspettata evidenza al mondo delle immagini totemiche orientali; e non a caso, del resto, poichè il Borrelli è vissuto per un certo tempo in Cina.

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