Continuum: installazione in piazzetta Salazar

Antonio Borrelli: homo faber

Dal corpo alla macchina, dalla natura alla fabbrica, dal disegno alla saldatura: raramente la biografia di un artista può dirsi, come nel caso di Antonio Borrelli, un vero e proprio cammino di homo faber.

Cos’altro è l’arte, a parte tutte le molte e diverse definizioni teoriche, se non un pensare facendo, cioè l’intelligente e faticosa manipolazione di pezzi della realtà, per inserire in essa pezzi nuovi, presenze inedite, la cui novità sia capace, accendendo nuovi stupori, d’indurre a nuovo pensare? Così Antonio comincia col disegnare la più naturale delle cose, il corpo umano, per arrivare a fabbricare la più tecnicamente fantasticata, la macchina di pesante metallo, non banalmente strumentale, ma inattesamente emozionante, la macchina inutile che attesta la leggerezza della mente libera.

Al di là delle ormai desuete ma a loro tempo significative retoriche dell’«impegno sociale e politico», l’autonomia della creatività si accompagna in Antonio con la sensibilità che spontaneamente dischiude all’attenzione e al rispetto per l’altro uomo. Perciò, se della sua arte il centro è la piena libertà della mai conclusa invenzione, della sua pratica di vita esso è l’amore. Ne è segno infallibile l’ottimismo: non quello facile, da irresponsabile superficialità, ma l’impegnativo, da scrupolosa serietà dell’interiore interrogarsi, dal preliminare «bisogno di un’indagine introspettiva», come Antonio stesso confessa.

Tuttavia dell’amore, ossia della profonda fedeltà alla vita, la testimonianza più bella nella presenza pubblica è il rapporto con gli studenti.

Ancora una volta è Antonio che, con grande umiltà, come se non parlasse della sua diretta esperienza, dice: «Quando un maestro non instaura un rapporto – chiamiamolo pure ‘d’amore’ – con gli allievi, sbaglia».

O, più semplicemente, aggiungo io, non è un maestro come invece Antonio lo fu. Io lo conobbi personalmente solo in anni tardi. Mi colpirono subito, nell’artista del ferro e della fiamma ossidrica, la sorridente dolcezza dello sguardo e la garbata sobrietà del gesto, i connotati di un faber che era un poeta.

Aldo Masullo

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